Seminario “Emergenza Venezuela: la crisi e il rischio di una guerra civile”.

Svoltosi sabato mattina, il seminario ha voluto sensibilizzare l’opinione pubblica, in particolare le istituzioni, sull’attuale emergenza in Venezuela.

Uno degli obiettivi principali dell’incontro è quello di aprire ad eventuali collaborazioni con il paese venezuelano, sia per i forti legami che uniscono l’Italia al Venezuela (basti pensare al flusso migratorio avvenuto dopo la seconda guerra mondiale) sia per la presenza nel paese venezuelano di tanti cittadini sardi (350 secondo i dati AIRE) .

Come Crei – spiega il presidente del Crei, Mauro Cartaabbiamo il dovere di aprire un legame di collaborazione per far capire che come associazione di tutela siamo presenti. Ovviamente la situazione è difficilissima, oltre a non arrivare gli aiuti umanitari sta diventando sempre più difficoltoso  comunicare con loro. In questi giorni si è provato a contattare tanti cittadini sardi iscritti all’Aire ma da parte loro nessuna risposta”. 

Ricordiamoci che il paese sudamericano in questi giorni sta vivendo il più lungo blackout della sua storia, con conseguenze gravissime  sia a livello di  telecomunicazioni (reti telefoniche ed internet fuori uso) sia a livello ospedaliero( 80 bambini morti nel reparto neonatale di un ospedale di Maracaibo, come riporta un tweet del canale tv venezuelano  EN VIVO).

 

 

La sanità pubblica venezuelana  è praticamente al collasso. Gli ospedali  soffrono di carenze di forniture base: guanti, garze, siringhe, kit chirurgici, acqua corrente, elettricità . Mancano  farmaci generici quali analgesici, antistaminici, vitamine e collirio, ma anche  antibiotici, antidolorifici ed  insulina.
Se un paziente dovesse aver bisogno di un determinato farmaco e non è disponibile, allora dovrà procurarselo da solo. Chi chiede aiuto alla famiglia e chi si rivolge al mercato nero.

Uno degli obiettivi prefissati dal Crei è aprire un canale umanitario coinvolgendo le farmacie di Cagliari ed hinterland per una raccolta di medicinali.
Coinvolgere l’ong  IPSIA delle Acli per  attivare dei canali diplomatici per capire quali sono le principali esigenze rispetto alle priorità.
Diverse sono le  ipotesi che si potrebbero studiare insieme alle tante altre organizzazioni presenti nel territorio italiano che si occupano di queste emergenze.